domenica 8 aprile 2012

Minima Mercatalia, di Diego Fusaro: il nuovo libro

Diego Fusaro, Minima Mercatalia, Bompiani 2012 - con un saggio introduttivo di Andrea Tagliapietra

A proposito di..."[...]un'opposizione meramente testimoniale[...]", p.30 - Un'opposizione meramente testimoniale è quell'opposizione ferma e tuttavia non trionfante, che, pur non crollando, tuttavia non ha aspettativa di vittoria, ed anzi più o meno rapidamente volge all'epilogo di una sconfitta o addirittura dell'annientamento.
Il passo in cui si trova questa espressione è all'inizio del primo capitolo. Si riferisce al motto "Ugocsa non coronat" (p.29, p.42 et alii), le cui vicende eroiche (insieme venate da un sapore anti-eroico ed elegiaco) sono brevemente e suggestivamente riferite in questo primo capitolo. Ugocsa è il nome di una regione storica dell'antico Regno d'Ungheria. All'epoca della ratifica della Prammatica Sanzione, i soli rappresentanti di quella piccola regione rifiutarono di accordare l'approvazione. La loro opposizione non ebbe alcun effetto - e tuttavia non venne meno.
Che senso ha levare una voce dissenziente, se in ogni caso tutti gli altri consentiranno? Che senso ha opporsi a ciò che, ineluttabilmente, accadrà in ogni caso? In questo senso si apre il tema di una testimonianza.
Un'opposizione meramente testimoniale è dunque l'espressione che evoca significativamente l'opposizione che non può sperare di sortire effetto alcuno. Essa rimane puramente dimostrativa; incapace, in senso generico, di fare la differenza, di far pendere le sorti di una decisione da una parte o dall'altra. Essa è meno di una goccia nel mare. Non serve a niente.
E' tutto qui?
Testimonianza è anche quella del martire, che in senso etimologico stretto è per l'appunto non colui che muore per una causa, bensì il testimone. I "martiri" sono per eccellenza, nella tradizione cristiana, coloro che vengono perseguitati fino alla morte per causa della loro professione di fede: essi sono i "testimoni" della professione di fede per eccellenza, perché pur di non venir meno ad essa accettano la persecuzione, il supplizio, la morte. La forza della loro testimonianza non li può liberare dal nemico che li opprime: essi, tuttavia, non cedono, non vengono meno - accettare le estreme conseguenze imposte al loro gesto di fede diventa a sua volta il segno estremo del suo valore e della sua forza, spirituale ancorché distaccata dall'efficacia materiale. Il segno di colui che crede e rimane fedele al di là della propria stessa vita, al di là perfino di una morte "clemente" o "dignitosa" è segno del senza-misura, dell'al-di-là di ogni misurazione di valore possibile, di una fede in qualcosa che supera ogni possibile promessa o minaccia del mondo fisico.
E' follia? E' qualcosa che trascende la qualificabilità stessa di ragionevolezza e follia? Non ha, qui, molta importanza: questa testimonianza trova il proprio valore nell'essere un segno sconvolgentemente forte e rigorosamente estremo, radicale - vissuto fino alla fine, vissuto fino alla morte. Il segno sconvolgente della testimonianza nel martirio tocca più di un tema cruciale: mi preme tuttavia rilevarne uno, è l'irriducibilità del gesto irreversibile e fermo, del non poter - nè voler - tornare indietro, disfare ciò che è fatto, ritornare sui passi compiuti. La fermezza di un ideale rimane, così, vividamente cristallizzata nella testimonianza del martirio: essa sopravvive al di là della sussistenza in vita stessa di colui che l'afferma, fissandosi così al di là di ogni contingenza.
Questo gesto assume pertanto un valore del tutto peculiare e svincolato da ogni effetto contingente che possa o meno sortire. Esso assurge a segno, per colui che l'ha assunto, per coloro che vi assistano, per tutti coloro ai quali se ne tramandi il racconto. Il testimone lascia, nel martirio, un segno vivo che si carica di tutto ciò che è stato importante al di là della sopravvivenza stessa.
In un gesto di questo tipo, la testimonianza perde ogni valutatività di tipo relativo e si assolutizza - o tende ad assolutizzarsi -  per via della sua irriducibilità e radicalità.
Per ciò stesso si ammette dunque che, in un discorso del genere, un tale gesto non si compia invano, e questo nonostante la sua "inutilità". Tale gesto, per contro, tende di per se stesso a vanificare il concetto di "utile".
[...to be continued]

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